In tempi non lontani (2009), in dirittura d’arrivo delle attività di riordino della scuola superiore, il MIUR diffuse una proposta non definitiva sui “Risultati di apprendimento per i nuovi
Istituti Tecnici”.
Nel documento si affermava: “... le indicazioni proposte partono non dai contenuti disciplinari, ma dal profilo dello studente in uscita dai percorsi quinquennali degli istituti tecnici ... in
questa prospettiva le discipline sono intese come strumenti per la costruzione di competenze, abilità e conoscenze, in un quadro di crescita culturale, globale e progressiva dello
studente”.
L’impostazione sembrò irreprensibile e completamente condivisibile.
Tuttavia, quando si passò alle linee guida relative alle discipline scientifiche, tutto l’impianto culturale-pedagogico crollò miseramente. E' stata tracciata una proposta enciclopedica che imita gli
indici dei manuali di testo più diffusi, responsabili in gran parte della situazione drammatica dell’insegnamento scientifico nella scuola secondaria.
Anni di ricerca didattica e di sperimentazione, il contributo della psicopedagogia, l’elaborazione di molte commissioni degli ultimi decenni, hanno evidenziato che i risultati di apprendimento e le
competenze indicate dal MIUR possono essere raggiunte soltanto con didattiche laboratoriali, insegnando “alcune cose bene e a fondo, non
molte cose male e superficialmente: si deve avere il coraggio di scegliere di concentrarsi” (Commissione dei Saggi, 1997).
Le proposte enciclopediche non possono che tradursi in nozionismo insignificante e in modi didattici devastanti. “Investigare sui fenomeni e interpretare dati
sperimentali” sono attività intrinseche al fare scienza che hanno bisogno di tempi distesi, possibili solo se si operano scelte rilevanti sui contenuti.
È andata persa l’occasione di cambiare il nostro modo d’insegnamento delle scienze, che poco o per niente s’incentra su fenomeni ed interpretazioni, e i cui unici strumenti sono ancora, troppo
spesso, il manuale, il gesso e la lavagna.
Ancora una volta è stato dimostrato che le considerazioni sui risultati dell'apprendimento e sulle competenze sono soltanto “belle chiacchiere”, devono essere scritte perché questa è ormai da molto
tempo la moda.
Le linee guida hanno riproposto un deludente concetto: l’idea di una scuola dell’attività piuttosto che dell’ascolto, di un insegnamento attivo che ha nel
laboratorio, nell’osservazione e sperimentazione il suo momento fondamentale, ha un costo che questo stato non si é mai voluto permettere.
Nelle pagine collegate, un po' di documentazione, relativa alle attività sperimentali abitualmente eseguite nel biennio (ma non solo ...) degli istituti tecnici.